In moltissime province italiane, le cosiddette aree interne, a causa dello spopolamento, dell’emigrazione e del calo demografico, ogni anno in media è come se scomparisse un comune di quasi 3.000 abitanti. Un fenomeno che dovrebbe allertare le istituzioni, stimolare progetti locali, ristabilire un fronte comune, invece spesso a dettare l’agenda è la pervicace “arroganza delle debolezze”, un mix di mediocrità politica, rassegnazione, speranze solitarie e solidarietà interessate.
Il “biglietto di sola andata” resta una condanna a morte, servono sfide concretamente visionarie e creative per fare proprio delle aree interne un’alternativa coraggiosa a se stesse. Il “biglietto di ritorno” è formato da due parti, la prima è la volontà degli emigrati a trasferire o reinvestire competenze ed eccellenze acquisite nei territori di partenza, la seconda è la capacità delle comunità di origine a favorire certi innesti. Oggi i giovani vengono chiamati a una restanza eroica o a una partenza liberante, due scelte che possono essere qualcosa di diverso da una condanna se saranno poste al servizio di un “rimpatrio” produttivo. L’ultimo libro di Nico De Vincentiis, coordinatore del Forum delle Aree Interne, intitolato “Biglietto di ritorno” (Campus Edizioni – pagg. 205), descrive e analizza sul campo, “in diretta da una debole resistenza”, un quadro di risorse, potenzialità, ma anche contraddizioni e povertà logistiche e politiche. I giovani che abbandonano la loro terra è una sconfitta della società senza comunità, che lascia soli e rassegnati. Il racconto e la riflessione partono da Monterocchetta, meno di 300 abitanti, una delle comunità-panda in via di estinzione in cui si intercettano tutte le caratteristiche positive in declino e gli insorgenti tic sociali che rischiano di allontanare (evenienza non proprio sgradita alla politica) la speranza di riscatto.
Si tratta di un racconto-manifesto sulle aree interne; uno strumento di lavoro per ricostituire alcune delle condizioni fondamentali per raggiungere un grado significativo di autodeterminazione delle popolazioni “scartate”; per sminare la rassegnazione, superare la tentazione di “salvarsi da soli” e porre in essere politiche coraggiose di unità.