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Rugby Gladiatori: Siamo all’inizio ma è già caos

Scritto da il 16 luglio 2009 alle 17:46 e archiviato sotto la voce Rugby, Testata. Qualsiasi risposta puo´ essere seguita tramite RSS 2.0. Puoi rispondere o tracciare questa voce

di Massimo Gallo

Chi comincia bene è a metà dell’opera! La nonna lo ripeteva sempre e mai proverbio si è rivelato nella vita più azzeccato. Un principio che non può essere applicato al Rugby Gladiatori che ha iniziato la sua avventura con il piede sbagliato. E allora viene facile fare ricorso ad un
altro proverbio che fotografa al meglio la situazione che si è creata nei primi giorni di vita del nuovo club: ‘chi nasce tondo non muore quadro’.
E sia chiaro che il riferimento non è ad una persona oppure ad un gruppo di persone, ma a tutti coloro che hanno animato il rugby beneventano negli ultimi 20 anni. C’è chi rema contro, chi non remo proprio, chi rema verso un porto chi verso un altro. La confusione insomma regna sovrana.
La storia è ormai nota: il superclub dovrebbe fare sintesi delle varie anime della palla ovale cittadina e la sua nascita aveva fatto sperare per il meglio. Ma appena dopo la firma davanti ad un notaio sono emerse le prime crepe. Il gruppo guidato da Nazzareno Santamaria, Peppe d’Apice e Gerardo Calandro, in rappresentanza dell’ex presidente del Rugby Benevento Mennato Pedicini si è defilato. Un forfait dovuto ad un divergenza di vedute sul come procedere.
La soluzione gradita al gruppo Pedicini prevedeva la costituzione di una società di capitali, il coinvolgimento di professionalità esterne di consolidata esperienza per l’alto livello e l’ingaggio di un tecnico professionista.
Una scelta non condivisa da tutti e la scelta di far guidare la squadra al binomio Fossi-Fallarino, ha determinato la definitiva rottura. Una decisione che ha fatto saltare il banco e che ha provocato reazioni a catena. Carlo Rossi ha deciso di andare comunque avanti contando sull’apporto
tutti, che però è venuto meno almeno in parte.
A soffiare sul fuoco ci hanno pensato i cosiddetti ‘dissidenti’ che non vedevano l’ora di dire ‘avevamo ragione’, ma mai si sarebbero aspettati di poter cominciare a cantare vittoria in così breve tempo. L’azione clamorosa si è avuta al primo allenamento della squadra. I ragazzi si sono presentati tutti senza borsa e ‘in borghese’ determinati a boicottare gli allenamenti fino a quando non sarà fatta chiarezza sui rimborsi.
Un aspetto questo gestito in maniera pedestre un po’ da tutti, addirittura attraverso accuse specifiche ai ragazzi di provenienza Sannio, apostrofati come mercenari. Una squadra che al
momento non ha più neanche gli stranieri. I due giocatori ormai prossimi riconferma hanno infatti preferito traslocare. Con loro era stato raggiunto un accordo per 18 mila euro annui, dal team manager Felice Marino, inspiegabilmente al momento di mettere nero su bianco, erano
‘spariti’ 3 mila euro. E a proposito di ruoli è stato presentato alla stampa l’organigramma del sodalizio. Un sorta di puzzle poco chiaro.
Confermato al momento Carlo Rossi alla presidenza, manca il nome, o i nomi, del vice, mentre si è abbondato con incarichi che appaiono l’uno la copia dell’altro. E così troviamo Gine Velleca direttore sportivo, mentre Felice Marino Team Manager. Due figure previste in molti sodalizi sportivi ma che ci sembrano superflue in una società come i Gladiatori. Ne bastava una. Antonio Gerardo invece, in qualità di avvocato, è il responsabile degli affari legali e contratti.
Ma ci chiediamo: contratti de che? Insomma in questa prima fase molta ‘fuffa’ e poca ‘ciccia’ alla vigilia di una stagione che non promette al momento niente di buono. Per di più mancano figure che invece sembrano indispensabili.
Del vice presidente abbiamo detto, ma c’è da risolvere anche il rebus Direttore Tecnico. Come succede spesso questo ruolo è quello meno ambito perché è sinonimo di responsabilità e di poca gloria. Insomma quando le cose vanno male la colpa è del direttore tecnico, quando vanno
bene sono bravi gli allenatori.
E allora a Benevento spesso il ruolo è rimasto vacante, almeno sulla carta, salvo poi essere ricoperto ‘sottobanco’ con la possibilità di defilarsi davanti alla prima difficoltà. In tutto ciò non si riesce a capire qual’è lo stato d’animo, la posizione e il ruolo di Michele Manzo, il regista dell’operazione. Era riuscito a raggiungere un obiettivo inseguito da anni. Gli ultimi eventi però lo hanno profondamente segnato e il suo coinvolgimento futuro nel mondo del rugby rischia, per sua stessa scelta, di subire un drastico ridimensionamento.
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