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direttore Antonio De Cristofaro

Marcantonio: ‘I giovani, fattore fondamentale per la crescita’.

Scritto da il 9 novembre 2013 alle 12:25 e archiviato sotto la voce Attualità. Qualsiasi risposta puo´ essere seguita tramite RSS 2.0. Puoi rispondere o tracciare questa voce

‘L’Italia continua ad essere agli ultimi posti nella classifica della crescita. Senza crescita nessuna prospettiva credibile può guardare a diffuse opportunità di lavoro da creare anche per i giovani costretti da tempo in panchina, all’interno di un sistema che ha fatto registrare il peggiore bilanciamento in Europa tra flessibilità e sicurezza, con un carico riversato quasi del tutto sui giovani,che ha aumentato la dipendenza dalla famiglia di origine’. E’ quanto scrive in una nota il Presidente del forum provinciale dei giovani della provincia di Benevento –  Filomena Marcantonio.

 

‘I dati sono noti. In Italia contro la disoccupazione si spende una cifra pari allo 0,5% del Pil contro una media europea dell’1,3% mentre per “i rischi della vecchiaia” si raggiunge il 16,1% del Pil contro una media dell’ 11,5%. Nel complesso per le nuove generazioni l’Italia dedica un terzo delle risorse rispetto a Francia,Regno Unito,Germania e Paesi scandinavi.

Con tante risorse umane giovanili costrette a restare inutilizzate in panchina non solo non si avvia la crescita ma si aggrava una perdita incalcolabile per la società e il Paese.

L’alto tasso di disoccupazione è imputabile alla contrazione della domanda di lavoro dovuta anche a politiche recessive e non solo al rapporto occupabilità – buona formazione.

I dati diffusi dall’OCSE sulle capacità linguistico -espressive e logico –matematiche degli italiani, pur confermando una situazione già nota da tempo, hanno alimentato una discussione sui giovani, nel vuoto della crisi, anche in rapporto al mercato del lavoro.

Da questi dati, c’è stato chi, ha tratto la conclusione che questo “dimostra quanto gli Italiani siano poco occupabili”.

E’ una visione questa secondo la quale  lo squilibrio tra domanda e offerta  che si manifesta con i dati della disoccupazione risiederebbe totalmente nel lato dell’offerta.

Il nostro sistema produttivo mostra, come noto, una bassa percentuale di occupati muniti di alti titoli di studio, mentre la gran parte dei laureati è alla vana ricerca di occupazione.

E’ evidente che l’elevato numero che registra la disoccupazione “intellettuale” non è dovuta alla mancanza di lavoratori istruiti ma solo alla scelta di assumere lavoratori  meno istruiti . La fuga dei “cervelli” dimostra proprio, come i giovani  più istruiti sono “poco occupabili” in Italia e quindi costretti a cercare lavoro all’estero.

Si consolida la tesi che gli elevati tassi di disoccupazione nel Sannio, in Campania e in Italia non siano imputabili alla bassa  occupabilità  dei giovani in cerca di lavoro ma soprattutto alla bassa domanda di occupazione, alla inefficienza dei servizi per l’impiego e alla assenza di politiche attive. Paradossalmente, nell’area di nostro riferimento, i più “occupabili” sono propri i soggetti meno istruiti perché la domanda è rivolta a camerieri, addetti di cucina,baristi,badanti, addetti alla logistica e in genere a mansioni che non richiedono elevati livelli di specializzazione.

La scelta del sistema produttivo locale è sempre stata rivolta a lavoratori poco specializzati e poco pagati.

Altra   cosa è la bassa capacità linguistico-espressiva e logico-matematico che caratterizza la popolazione italiana. E’ un problema vero, che resta e va risolto.

La politica che le imprese adottano (quando assumono) non aiuta ad attivare un processo di correzione di questa problematica.

Nei processi educativi formali, e cioè, nelle strutture dell’istruzione e della formazione c’è qualcosa che non va, che chiede di riflettere, ma anche di incominciare ad agire.

A…Z (idee a confronto tra generazioni) del Sannio, ha scelto di alimentare, con lo sguardo alla specificità territoriali,  una tematica di grande interesse anche alla luce della sperimentazione in atto con i tirocini del progetto “Neet” del Ministero del Lavoro che impegna  una copertura di 10 milioni di euro per un esperienza di lavoro della durata di 6 mesi per 500 euro lordi mensili.

Il fatto  che 19361 giovani laureati tra i 25 e i 35 anni hanno inoltrato domanda su clic-lavoro per partecipare ai 3000 tirocini facendo registrare una disponibilità di 8393 aziende, oltre che aprire un percorso di politiche attive per i giovani, una rivisitazione dei servizi per l’impiego, sottolinea la dimensione e l’intensità della ricerca disperata di una via per entrare in una unità produttiva .

Seguire e valutare gli effetti della sperimentazione è importante per aprire nuove opportunità e sostenere con qualsiasi funzione le problematiche complesse della crescita in tempi socialmente sostenibili.

Lo strumento di politica attiva dei tirocini può servire, non solo, per incontrare e far conoscere il lavoro e il suo valore nella vita delle persone, ma anche per affrontare il bisogno di “motivazioni” dei giovani inseriti nel sistema dell’istruzione.

Mettere a disposizione dei giovani 3000 tirocini per la durata di sei mesi, anche se insufficiente è una cosa utile ed importante .

L’attesa è rivolta anche al metodo che si adotterà per la selezione delle 3000 disponibilità tra i 19361 giovani laureati registrati su clic-lavoro.

O si supera il vecchio e consolidato metodo che produce e alimenta clientele o come da molti auspicato, si riesce a dare valor e premio alla buona istruzione e formazione dei giovani.

Non è risposta di equità, pari opportunità di accesso nell’incontrare o conoscere il lavoro, ma anche il modo di affrontare una situazione del sistema dell’istruzione e della formazione in relazione al mercato del  lavoro, e ai servizi per l’impiego di cui i giovani e il paese hanno bisogno.

L’auspicio è che il processo di riforma anche sul piano locale  regga la sfida e alimenti la speranza di una svolta .

L’azione avviata da A…..Z (idee a confronto tra generazioni) trova spazi di approfondimenti con i giovani, che non si esauriscono con la legge di stabilità perché non sarà mai possibile una crescita per tutti senza il contributo dei giovani.

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