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Viespoli: «Il Governo rifletta sulla sostenibilità sociale della riforma del lavoro»

Scritto da il 29 marzo 2012 alle 10:48 e archiviato sotto la voce Attualità, Politica, Testata. Qualsiasi risposta puo´ essere seguita tramite RSS 2.0. Puoi rispondere o tracciare questa voce

«Compito di un governo è garantire la sostenibilità sociale del suo operare, non solo la sua sostenibilità finanziaria. Altrimenti, a palazzo Chigi basterebbe uno che sa fare di conto».
Pasquale Viespoli, presidente dei senatori di Coesione nazionale misura le parole quando si tratta di riforma del mercato del lavoro. Da sottosegretario al Welfare curò il Patto per l’Italia del 2002 e quindi ricorda la fatica e l’onere che l’argomento comporta. Però, per come si son messe le cose con il progetto Monti-Fornero, all’Adnkronos annuncia un “atteggiamento responsabilmente critico”.

«Quello del 23 marzo scorso – è la provocazione di Viespoli – il documento con la clausola “salvo intese”, è una cosa buona per la convegnistica, perchè lì si parla di documenti. Il Parlamento è un’altra cosa, si basa sull’attività legislativa e su questo versante ancora non vedo nulla. E in via preliminare non posso ignorare che si stanno lasciando nel limbo decine, se non centinaia, di migliaia di esodati e “mobilitati” che da un lato rischiano di restare fuori da tutto per via di una riforma delle pensioni che è passata con i cingoli da carro armato mentre, dall’altro, non troverebbero posto nemmeno nel nuovo mercato del lavoro che si va disegnando. Non so se nell’esecutivo si rendono conto del potenziale esplosivo di una situazione del genere. Quindi servono parole di equità e logica per questi lavoratori».

Quanto all’articolo 18 «non è che nel Patto per l’Italia non se ne sia parlato -ricorda Viespoli – Però, per motivi di sensibilità sociale, fu messo da parte. Oggi, il problema è riuscire a spiegare che l’obiettivo è creare nuova occupazione. Si discuta, allora, di come rimuovere il “tappo” all’espansione oltre i 15 dipendenti delle piccole imprese e di come rendere più attrattiva l’Italia per gli investimenti stranieri. Insomma, irrigidirsi in una difesa ad oltranza, “o così o niente”, rischia di restringere la flessibilità in entrata e di accentuare il contenzioso giudiziario tra lavoratori e aziende, oltrechè di rendere meno proficuo il confronto parlamentare».
fonte (Adnkronos)

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