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Lipu: contro inondazioni restituire a fiumi spazio vitale esondazione

Posted By Redazione On 19 novembre 2010 @ 09:57 In Ambiente,Attualità,Testata | No Comments

Dal momento della piena del fiume Calore che il 10 novembre scorso ha minacciato, nel comune di Benevento, la sicurezza di alcune case che si trovano in aree prossime al corso d’acqua e che ha danneggiato alcune opere pubbliche come il Parco archeologico e del verde di Cellarulo, abbiamo assistito ad un susseguirsi di analisi superficiali della problematica supportata più dall’emotività che da fondati ragionamenti scientifici. La prima cosa che si è fatta è stata di dare la colpa alla vegetazione fluviale perché si è detto che ha favorito la tracimazione delle acque. A questo proposito la LIPU, sottolineando che tali affermazioni vanno innanzitutto provate, sostiene che è importante effettuare analisi tecniche che abbiano in conto l’intero bacino idrografico del fiume e non soffermarsi solo su questioni molto particolari. Bisogna calcolare le precipitazioni piovose nel bacino idrografico del fiume Calore – comprensivo di tutti i suoi affluenti dai ruscelli che scorrono nei valloni sino ai fiumi come l’Ufita, il Tammaro e il Sabato – e capire quanta acqua il fiume e le aree limitrofe, in caso di eventi meteorologici eccezionali, riescono a contenere. In realtà tali studi sono già stati affrontati dall’Autorità di Bacino Liri-Garigliano e Volturno la quale ha individuato delle aree di esondazione del fiume imponendo il rispetto di tali spazi con la non edificabilità. Questo Ente però è subentrato successivamente ad una serie di interventi di urbanizzazione – le Autorità di Bacino sono state istituite con la Legge n.183 del 1989 – che già avevano compromesso i terreni in prossimità dei corsi d’acqua, inoltre alcuni Comuni che, già superando “brillantemente” il vincolo dei 150 metri imposto sin dal 1985 con la famosa Legge Galasso, chiedono deroghe per poter costruire in terreni vincolati dal Piano Stralcio di Difesa dalla Alluvioni. Il territorio comunale di Benevento rappresenta un caso da studiare per quanto riguarda il modo di affrontare le problematiche idrauliche. Si è costruito molto vicino ai fiumi in passato e oggi si continua questo processo di urbanizzazione occupando altre aree nelle loro prossimità. Uno dei casi più eclatanti è la zona di Ponte Valentino, alla confluenza del fiume Tammaro nel Calore, dove alcuni decenni fa si decise di impiantare un’Area di Sviluppo Industriale (ASI), che ha sottratto un grande spazio di esondazione al principale fiume del Sannio Beneventano. Anche nella città di Benevento, però, sono stati occupati terreni affianco ai fiumi, infatti oltre alla costruzione di un intero quartiere, il rione Ferrovia, in un’area golenale del Calore, è stato realizzato circa 20 anni fa il Magaparcheggio di via del Pomerio che ha impegnato terreni agricoli che venivano regolarmente allagati dal fiume. Successivamente a questo grande intervento è stato realizzato un asse interquartiere collegante la Zona Alta della città con il rione Ferrovia che in un tratto ha quasi tombato la confluenza del torrente S. Nicola nel fiume Calore e in un altro si protende a sbalzo sul fiume oltre la difesa spondale. Ciò ha consentito negli ultimi anni di occupare con costruzioni gli spazi che sono al di là o nelle vicinanze di queste due opere, un tempo aree di pertinenza del fiume. Pure l’area di Pezzapiana anno dopo anno, atto (amministrativo) dopo atto, sta per essere occupata tutta, l’Ipermercato fatto costruire da Zamparini e le nuove aree da urbanizzare, come previsto dalla proposta di PUC, dimostrano ciò che si afferma. Non troppo dissimile da quella del Calore è l’urbanizzazione che sta avvenendo lungo il fiume Sabato proprio nella città di Benevento. Negli ultimi venti anni molti edifici e strade sono sorti in prossimità del fiume (rione Libertà, quartiere S. Maria degli Angeli, contrada S. Clementina) che hanno consigliato di costruire nuovi argini e quindi costringendo sempre più il corso d’acqua in spazi ristretti senza dargli la possibilità di sfruttare le naturali casse di espansione createsi in centinaia di migliaia di anni che consentono ad un territorio di assorbire gli eventi di piena. La LIPU sottolinea con forza che quello che è accaduto a contrada Pantano il 10 novembre scorso – e non è la prima volta – è la conseguenza logica di ciò che prima di tutto rappresenta quella zona, ossia una naturale area di espansione del fiume – come sancito già dal Piano Stralcio di difesa dalle Alluvioni – e in secondo luogo da ciò che è stato fatto nei chilometri che precedono quel sito lungo i fiumi beneventani e in particolare lungo il fiume Calore. Se si continuerà ad occupare gli spazi vitali dei corsi d’acqua sarà normale che contrada Pantano sarà sempre più soggetta a fenomeni di allagamento non potendo l’acqua trasportata dal fiume trovare altre aree dove defluire. A questo riguardo sarà utile ripensare a tutto l’assetto territoriale lungo il bacino idrografico del fiume Calore, cercando di capire quali aree sono adatte a contenere le migliaia di metri cubi di acqua che un corso d’acqua in piena trasporta e difendendole dall’urbanizzazione, ma ciò non basterà e bisognerà cominciare ad operare per liberare degli spazi spostando infrastrutture ed edifici rendendo in questo modo più sicura la vita delle persone che abitano il nostro territorio.       


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